Correva l’anno 1948… L’Italia si preparava ad uscire dal dopoguerra con le elezioni che nell’aprile di quell’anno porteranno le donne per la prima volta al voto per la nomina del Parlamento della Repubblica. E’ l’anno in cui nasce il 33 giri che accompagnerà la giovinezza, e non solo, di tanti di noi. E’ anche l’anno in cui ( narra la leggenda, ma sarà poi vero? ) che un toscano per il quale “ è tutto sbagliato, è tutto da rifare”, un certo Gino Bartali, vincendo il Tour de France trasforma le manifestazioni susseguenti all’attentato a Togliatti, che parevano il prologo ad una guerra civile, in manifestazioni di gioia e di trionfo.
“Potere dello sport capace di unire in una unica fede e sotto un’unica bandiera le idee più diverse”
E allora, direte voi, cosa c’entra questo con l’Astra. C’entra, c’entra!
E’ proprio quell’anno che comincia la favola della nostra Società.
Erano tempi in cui bastava veramente poco per giocare a calcio: una palla, un pugno di amici, due sassi, una strada o un piazzale ed il gioco era fatto.
“C’era una volta, così cominciano tutte le favole e così comincia anche la nostra.
C’era una volta dunque nel cuore dell’ Oltretorrente una chiesa, la chiesa di Ognissanti, e c’era e c’è tutt’ora in questa parrocchia un piccolo cortile interno racchiuso tra le mura della chiesa e quelle delle case circostanti“
E’ il punto di incontro di un gruppo di ragazzi, di giovani, il posto in cui scambiarsi le proprie confidenze, in cui raccontarsi le proprie speranze, i propri desideri per il futuro. Ed ecco che un giorno compare un pallone: non un pallone di quelli tutti colorati e con cuciture invisibili che siamo abituati a vedere oggi sui campi di calcio, ma un pallone di quelli antichi che caratterizzano le foto e i filmati dei gloriosi mondiali del 1934 e 1938. Un pallone di quelli che se sbagli a colpirli o ci rimetti il piede o ci rimetti lo scarpino, un pallone di quelli che se piove ti guardi bene dal colpire di testa per non rimanere in stato confusionale per un’ intera settimana.
Ecco tra quelle quattro mura, con quei ragazzi è nata la storia dell’Astra. Quel cortile diventa il campo di allenamento. La prima divisa furono le magliette bianche della ex G.I.L ( Gioventù Italiana del Littorio ), acquistate sulle bancarelle della Ghiaia, cui era stato tolto il fascio Littorio e che erano state fatte tingere di arancione in Borgo San Domenico. Quei colori però non dureranno a lungo e saranno ben presto sostituiti dalle prime vere divise con le maglie a righe bianco/azzurre.
Il campo di gara si raggiunge a piedi, in bicicletta, qualche volta in tram e quando era disponibile l’auto di qualche improvvisato dirigente ci si accalcava in sei o sette senza problemi di multe e di cinture.
Il motto “ per aspera ad Astra “ ( per sentieri impervi fino alle stelle ) rispecchia fedelmente il carattere e lo stato d’animo dei fondatori: non fermarsi di fronte alle difficoltà per vedere un giorno premiati i propri sforzi.