ll ragazzo che sceglie di impegnarsi in uno sport merita rispetto e stima da parte dei genitori, che devono cercare di spronarlo ed incoraggiarlo nello svolgimento di tale attività, ma sopratutto capire, e fargli comprendere , che lo sport è prima di ogni cosa, divertimento e voglia di stare insieme, senza nutrire gelosie inutili o false ambizioni, che, il più delle volte, sono di ostacolo e non di aiuto al giovane.
In effetti, particolarmente nel calcio e nella fascia d’età compresa tra i 6 ed i 14 anni, il genitore si trova di frequente protagonista di situazioni spiacevoli, che creano problemi ed ostacoli ad una serena e positiva attività sportiva per il proprio figlio.
Molto spesso, un occhio attento scopre che il vero protagonista delle partite giovanili, colui che è più carico di tensioni, che si è preparato meticolosamente e che poi si dispera se si sbaglia un tiro in porta, è proprio il genitore.
Il ragazzino, invece, scuote le spalle, cancella quasi subito l’errore o la sconfitta e, in definitiva, l’unica cosa di cui veramente si rammarica è l’idea della predica che lo aspetta a casa. Può capitare che inconsciamente si tenda a realizzarsi attraverso il bambino e a proiettare su di lui i desideri che non si è riusciti a soddisfare da giovani.
Con la convinzione che "lo si fa per il suo bene", in realtà si può correre il rischio di diventare veri e propri deterrenti psicologici, non solo condizionando negativamente il rendimento in gara, ma, fatto ancora più grave, danneggiando lo sviluppo psicologico del ragazzo. Molto
spesso si vorrebbe che il proprio figlio non dovesse mai soffrire, ne commettere errori, ma ricevere dalla vita solo gioia e felicità: questo, purtroppo, non è possibile ed il compito del genitore diviene, perciò, quello di non intromettersi nelle scelte del figlio e di non voler vivere la vita al suo posto, capendo che ogni errore commesso ed ogni dolore provato aiuta il ragazzo a crescere ed a formare una sicura personalità.
Pensiamo che l’attività sportiva sia uno dei mezzi migliori per aiutare il proprio figlio a maturare e a crescere, in quanto lo sport spinge il giovane ad impegnarsi, a cercare di migliorarsi, a mettersi continuamente alla prova, a stringere rapporti sociali, a comprendere il sacrificio e l’umiltà, ad assumersi delle responsabilità ed a divenire membro di una collettività nella quale vigono, per ciascuno, diritti e doveri.
Di seguito vengono proposti alcuni suggerimenti per i genitori, frutto di esperienze e che servono ad indicare un modello di comportamento positivo nei riguardi dei propri figli, modello che, ovviamente non ha nessuna pretesa di essere un Dogma, ma solo una traccia di riflessione.
* Stimolare, incoraggiare la pratica sportiva, lasciando che la scelta
dell’attività sia fatta dal bambino.
* Instaurare un giusto rapporto con l’allenatore per fare in modo che al
bambino arrivino sempre segnali coerenti dagli adulti di riferimento.
* Lasciare il bambino libero di esprimersi in allenamento ed in gara (è
anche un modo di educarlo all’autonomia).
* Evitare di esprimere giudizi sui suoi compagni o di fare paragoni con
essi: è una delle situazioni più antipatiche che si possano verificare
sia per i piccoli che per i grandi.
* Evitare rimproveri a fine gara. Dimostrarsi invece interessati a come
vive i vari momenti della gara ed eventualmente evidenziare i
miglioramenti. Aiutarlo a porsi obiettivi realistici ed aspettative
adeguate alle proprie possibilità.
* Offrire molte opportunità per un’educazione sportiva globale.
Rispetto delle regole, degli impegni, delle priorità, dei propri indumenti,
degli orari, dei compagni, dell’igiene personale.
Il genitore deve concorrere al raggiungimento di questi obiettivi con l’allenatore.
Far sentire la nostra presenza nei momenti di difficoltà;
sdrammatizzare, incoraggiare, evidenziare gli aspetti positivi. In ogni
caso salvaguardare il benessere psicologico del bambino.
Avere un atteggiamento positivo ed equilibrato in rapporto al risultato,
saper perdere è molto più difficile ed importante che saper vincere.
Nello sport, come nella vita, non ci sono solo vittorie e dopo una
caduta bisogna sapersi rialzare.
Tener conto che l’attività viene svolta da un bambino e non da un
Adulto. Cercare di non decidere troppo per lui.
Cercare di non interferire con l’allenatore nelle scelte tecniche
evitando anche di dare giudizi in pubblico sullo stesso (in caso di
atteggiamenti ritenuti gravi rivolgersi in Società).
Cercare di non rimarcare troppo al bambino una partita mal giocata o
quant’altro evitando di generare in lui ansia da prestazione (non
bisogna essere né ipercritici né troppo accondiscendenti alle sue
richieste che spesso sono solo dei capricci).
Incitare sempre il bambino a migliorarsi facendogli capire che l’impegno
agli allenamenti in futuro premierà (rendendolo gradatamente consapevole
che così come a scuola anche a calcio per far bene c’è bisogno di un
impegno serio).
Abituare il bambino a farsi la doccia, legarsi le scarpe da solo e a
portare lui stesso la borsa al campo sia all’arrivo che all’uscita
(rendendolo piano piano autosufficiente; Cercare di non entrare nel recinto di gioco e nello spogliatoio.
Durante le partite cercare di controllarsi: un tifo eccessivo è
diseducativo sia per i bambini che per l’immagine della società nei
confronti dell’esterno.
Cercare di ascoltare il bambino e vedere se quando torna a casa dopo un
allenamento od una partita è felice.
Ricordarsi che sia i compagni che gli avversari del proprio bambino sono
anche loro bambini e che pertanto vanno rispettati quanto lui e mai
offesi.
Rispettare l’arbitro e non offenderlo. Molto spesso gli arbitri sono dei
dirigenti e anche loro genitori che stanno aiutando il calcio giovanile:
tutti si può sbagliare, cerchiamo di non perdere la pazienza!
Ricordarsi che molte volte si pensa che "l’erba del vicino sia sempre la
migliore" e pertanto prima di criticare l’operato della Società cercare
di capire chiedendo direttamente spiegazioni ai Dirigenti responsabili
di eventuali scelte ritenute ingiuste.
Scuola calcio U.S.ASTRA