PULCINI 2002

La prima volta

Quante prime volte ci sono nella nostra vita e tutte rimangono a segnare pesantemente in positivo o in negativo la nostra esistenza. Il primo vagito, la prima pappa , il primo giorno di scuola, la prima Comunione, il primo brutto voto a scuola, il primo bacio, la prima auto , la prima delusione d’amore, il primo figlio.

Così anche per i 2002 è arrivata un’altra di quelle prime volte.

Una prima volta immaginata ogni giorno con gli amici sui banchi di scuola e sospirata durante lunghi mesi di allenamento.

Questa notte quasi tutti i miei compagni hanno sognato il loro momento di gloria: la lunga , irresistibile discesa culminata con un tiro imparabile; la scivolata eroica che ha strappato la palla al centravanti avversario lanciato a rete, il volo all’incrocio dei pali ad intercettare quel tiro maligno.

E’ la prima partita di un campionato vero, la prima partita in cui ci troveremo di fronte avversari che indossano un’altra maglia, che  hanno il nostro stesso desiderio di vincere.

Speriamo che la mamma abbia messo nella borsa tutto il necessario in particolare le scarpette nuove che ho voluto accanto al  letto tutta la notte perché sono proprio quelle che volevo io, di quel colore strano che il papà dice che non ha niente a che fare con le scarpette da calcio e che io non toglierei mai dai piedi perché le trovo più comode delle pantofole.

Lucio, il nostro  Mister, ci sta dando le ultime raccomandazioni, ma io sono più attento a ciò che si sussurrano i miei compagni:” Il numero 8 lo conosco: tira fortissimo” – “ Il numero 10 è in classe con me: quando facciamo ginnastica è il più veloce di tutti”.

Adesso però c’è un altro problema: come faccio ad allacciare le scarpette. “ Lucio mi dai una mano per favore”.

 

E adesso finalmente in campo: l’arbitro è una donna. Non ne avevo mai viste arbitrare. Speriamo almeno che in caso di bisogno sappia allacciare le scarpe bene quanto Lucio.

Ecco che arriva dalle mie parti il primo pallone. Accidenti l’ho mancato, ma Lucio dice di non preoccuparsi e di pensare a giocare e  io continuo a rincorrere palla e avversari senza un attimo di sosta.

Sono così stanco che quasi non vedo neanche partire il tiro di quel lungagnone avversario che si insacca a fil di palo.

 

 

 

Stiamo perdendo: non ci credo, non può finire così la nostra prima partita.

Io e i miei compagni vogliamo farcela. Il tempo passa   e non siamo ancora riusciti a pareggiare quando vedo la palla sbucare in mezzo a una selva di gambe e decido di tirare, a occhi chiusi, senza guardare, senza capire cosa sto facendo.

Ho ancora gli occhi chiusi quando sento l’urlo di gioia dei miei compagni: capisco che il pallone è entrato in porta e comincio a correre verso la panchina perché questa gioia va condivisa con tutti. Incontro gli occhi di Lucio che sorridono e sono felice per lui.

La partita è finita: la prima cosa che voglio fare è abbracciare il mio compagno di banco che gioca nell’altra squadra : vedo che è felice anche lui e penso che sarebbe bello se tutte le partite finissero in parità.

 

 

 

E adesso sotto la doccia a festeggiare con i miei compagni di squadra e a urlare forte il nome dell’ASTRA e i genitori aspetteranno qualche minuto perché questo è un giorno troppo importante per perdersi anche un solo momento di felicità e poi, chissà, fra tanti anni passando in via Isola con un bambino per mano gli racconterò di come quel giorno abbiamo pareggiato la nostra prima partita.

 

 

 

 

 

Momenti da ricordare

 

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